Uscire dalla crisi: lavoro, imprese, Stato

Editoriali

di Alessandro Torrini -Dalla priorità sanitaria all’emergenza economica e sociale il passo è breve. Abbiamo perso circa 180 miliardi di euro di Pil e lo Stato, aumentando il proprio debito, è intervenuto con 140 miliardi di euro a sostegno di imprese e lavoratori, limitando così il dramma sociale di milioni di cittadini del nostro Paese. Entro il 2021, con il piano di vaccinazione, si spera che la pandemia possa essere contenuta nei suoi effetti più gravi, ma sul piano economico e sociale molto muterà. Il Covid ha modificato abitudini e consumi, generato bisogni nuovi ma anche opportunità. In molti settori economici ha accelerato processi di cambiamento che erano già in atto, che nel tempo potranno divenire anche un valore aggiunto, ma che nel breve e medio periodo genereranno insicurezza e criticità. Gli effetti positivi che gli investimenti del Recovery Plan avranno auspicabilmente sull’economia, non saranno immediati. Ci sarà, pertanto, de guidare e gestire una transizione lunga, difficile e delicata, dove il ruolo dello Stato dovrà essere centrale. Tra il vecchio che muore e il nuovo che tarderà ad arrivare, servirà un patto sociale tra politica, istituzioni, forze sociali ed economiche. Insieme, si dovranno ridefinire linee strategiche e priorità per ridisegnare un Paese che già prima della pandemia era in estrema difficoltà. L’obiettivo deve essere quello di non lasciare indietro nessuno, ma anche riequilibrare le disuguaglianze che il sistema ha generato. Con la concertazione, in un’ottica solidale e di ridistribuzione, utilizzando tutti gli strumenti in nostro possesso e, se necessario, creandone di nuovi e più efficaci, bisognerà rimettere al centro il lavoro e la coesione sociale. Oltre agli investimenti previsti dal piano, al potenziamento delle politiche attive del lavoro e agli ammortizzatori sociali, che ai settori più colpiti dalla pandemia dovranno essere estesi per tutto il tempo necessario, bisognerà attivare contratti di solidarietà dove si registreranno esuberi e difficoltà, anche con l’obiettivo di non disperdere conoscenze. Unitamente a questo, c’è l’assoluta necessità di tutelare di più disoccupati e lavoratori, in particolare quelli le cui condizioni salariali e di lavoro non permettono condizioni decenti di vita, e premiare e sostenere le imprese che investono negli uomini, in innovazione, ricerca, sviluppo e beni intangibili, che privilegiano relazioni industriali avanzate e che rispettano il dettato costituzionale per cui “l’iniziativa economica […] non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.Serviranno idee, energie, risorse e generosità, e chi ha di più dovrà dare di più. Ci si salverà solo se tutti insieme saremo capaci di remare nella stessa direzione con l’obiettivo di far recuperare al Paese i ritardi accumulati negli ultimi venti anni. Questa è la grande sfida che il dramma della pandemia ci dà l’occasione di raccogliere.

il passo è breve. Abbiamo perso circa 180 miliardi di euro di Pil e lo Stato, aumentando il proprio debito, è intervenuto con 140 miliardi di euro a sostegno di imprese e lavoratori, limitando così il dramma sociale di milioni di cittadini del nostro Paese. Entro il 2021, con il piano di vaccinazione, si spera che la pandemia possa essere contenuta nei suoi effetti più gravi, ma sul piano economico e sociale molto muterà. Il Covid ha modificato abitudini e consumi, generato bisogni nuovi ma anche opportunità. In molti settori economici ha accelerato processi di cambiamento che erano già in atto, che nel tempo potranno divenire anche un valore aggiunto, ma che nel breve e medio periodo genereranno insicurezza e criticità.Gli effetti positivi che gli investimenti del Recovery Plan avranno auspicabilmente sull’economia, non saranno immediati. Ci sarà, pertanto, de guidare e gestire una transizione lunga, difficile e delicata, dove il ruolo dello Stato dovrà essere centrale. Tra il vecchio che muore e il nuovo che tarderà ad arrivare, servirà un patto sociale tra politica, istituzioni, forze sociali ed economiche. Insieme, si dovranno ridefinire linee strategiche e priorità per ridisegnare un Paese che già prima della pandemia era in estrema difficoltà. L’obiettivo deve essere quello di non lasciare indietro nessuno, ma anche riequilibrare le disuguaglianze che il sistema ha generato. Con la concertazione, in un’ottica solidale e di ridistribuzione, utilizzando tutti gli strumenti in nostro possesso e, se necessario, creandone di nuovi e più efficaci, bisognerà rimettere al centro il lavoro e la coesione sociale. Oltre agli investimenti previsti dal piano, al potenziamento delle politiche attive del lavoro e agli ammortizzatori sociali, che ai settori più colpiti dalla pandemia dovranno essere estesi per tutto il tempo necessario, bisognerà attivare contratti di solidarietà dove si registreranno esuberi e difficoltà, anche con l’obiettivo di non disperdere conoscenze. Unitamente a questo, c’è l’assoluta necessità di tutelare di più disoccupati e lavoratori, in particolare quelli le cui condizioni salariali e di lavoro non permettono condizioni decenti di vita, e premiare e sostenere le imprese che investono negli uomini, in innovazione, ricerca, sviluppo e beni intangibili, che privilegiano relazioni industriali avanzate e che rispettano il dettato costituzionale per cui “l’iniziativa economica […] non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Serviranno idee, energie, risorse e generosità, e chi ha di più dovrà dare di più. Ci si salverà solo se tutti insieme saremo capaci di remare nella stessa direzione con l’obiettivo di far recuperare al Paese i ritardi accumulati negli ultimi venti anni. Questa è la grande sfida che il dramma della pandemia ci dà l’occasione di raccogliere.

tratto dalla pagina Facebook di Alessandro Torrini

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