La linea gotica del governo Draghi

Politica

Oscar Monaco – I 15 sentori del M5S che hanno votato no al governo Draghi sono tutti meridionali, tranne due liguri (la Liguria è la regione col pil pro capite più basso del nord e terzultima, dopo Umbria e Marche, del centro nord). Se uno considera lo sbilanciamento geografico dell’attuale governo e il fatto che lo stesso PD abbia perso tutti i ministri del centro sud, è possibile ipotizzare che esista un problema serio, oltre che con le donne, anche con una parte largamente consistente di questo paese o è lesa maestà nei confronti del Prestigiosissimo?

Il governo Draghi infatti è nato all’insegna della reazione dell’agonizzante borghesia padana, che, guidata dalla peggior destra confindustriale, ha spazzato via fin dalla composizione dei dicasteri i rappresentanti centro meridionali del Partito Democratico, Boccia, Amendola e Provenzano, di cui gli ultimi due rappresentano contemporaneamente una nuova e più radicale generazione di quadri politici, per non parlare di Gualtieri, su cui andrebbe aperto un capitolo dedicato.

La trasformazione in senso multipolare della catene di valore del Capitale, avvenuta con la crescita ultra ventennale di quelle che negli anni novanta erano “economie emergenti”, su tutte la Cina, sta già stravolgendo gli equilibri che si erano consolidati dopo la caduta del muro di Berlino e il dissolvimento del blocco sovietico: se infatti lo scambio di merci e capitali è stato per decenni concentrato quasi esclusivamente sulle due sponde settentrionali dell’Atlantico, lungo la Nuova Via della Seta (che per inciso è una suggestione, non meno di quanto lo fosse quella “vecchia”) ormai avviene la quota relativamente maggioritaria di scambi internazionali, in costante crescita.
Sarebbe interessante indagare quanto questo fenomeno incida sul mondo globalizzato, a partire paesi dell’Asia centrale e dell’Africa orientale, ma per brevità mi concentrerò sul suo impatto sull’Europa e sull’Italia.
Qualcuno ricorderà lo scontro, nei primi mesi della pandemia tra i paesi mediterranei e i paesi cosiddetti frugali, guidati dal governo di estrema destra olandese. Quel passaggio, poi risolto brillantemente dall’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte con la collaborazione di Angela Merkel, ebbe come punto di compromesso l’aumento delle tasse doganali per le merci in transito nel porto di Rotterdam, fino ad oggi il più grande porto europeo.
Cosa c’entrino le tasse di un porto olandese con la borghesia del nord Italia è presto detto: tanto l’Olanda, quanto la pianura padana sono due ricche “periferie” del cuore del capitalismo europeo, quell’industria renana che rappresenta la più alta concentrazione di produzione e capitale al mondo.
Quindi, per farla breve: allo stesso modo in cui gli olandesi hanno trattato dei risarcimenti in vista della graduale marginalizzazione dei porti atlantici rispetto a quelli mediterranei, la manifattura lombardo veneta, subfornitrice dell’industria renana, ha ripreso in mano il controllo della politica nazionale in vista dello spostamento dei flussi di commercio e capitali nella parte peninsulare del paese, ponte naturale del continente europeo per i traffici marittimi (meno costosi e più redditizi rispetto a quelli terrestri e aerei) con la Cina.

Ora, si dà il caso che la maggioranza relativa dell’elettorato dei due principali partiti dell’attuale centrosinistra si concentri proprio nella parte centromeridionale del Paese, laddove, come spiega una recente analisi dell’Istituto Cattaneo “dopo le due bolle del 2014 (a favore del Pd renziano) e del 2018 (a favore del M5S a guida Di Maio) l’equilibrio tra i poli torna simile alla fase pre-2013 ma stavolta nel quadro di un nuovo bipolarismo. Con l’elettorato pentastellato sempre più vicino al CS, ma ancora molto volatile”, l’analisi mostra come “si vada di fatto delineando un “nuovo bipolarismo” caratterizzato, da un lato, da un centrodestra certamente competitivo, che può ambire a ottenere in eventuali prossime elezioni politiche una maggioranza autosufficiente in entrambe le camere, con qualsiasi sistema elettorale (maggioritario o proporzionale), dall’altro, da una coalizione tra centrosinistra e M5S resa più stabile oltre che dalla sperimentata collaborazione nel governo nazionale, da un atteggiamento largamente favorevole dell’elettorato pentastellato, nel frattempo prosciugato della sua componente orientata a destra.”
In termini sociali, come ho provato a dire recentemente, si tratta della formazione di un nuovo blocco storico intorno al lavoro e ai diritti che si è espresso nei terminali di movimento delle mobilitazioni promosse dalle Sardine e dai giovani di Friday for Future, insieme alle organizzazioni tradizionali del movimento operaio e della società civile organizzata.
Quindi, se da una parte i tentativi anche sul piano istituzionale di rafforzare la coalizione giallo rossa vanno nella giusta direzione, sarebbe un errore non tenere in considerazione la sofferenza più o meno esplicita di una parte del paese e soprattutto del suo futuro immediato, dentro la mutazione del quadro di governo.
Occorre un surplus di politica, proprio per evitare che la coalizione progressista si infranga sulla “linea gotica”.