Come una noce di cocco nel permafrost

Politica

Oscar Monaco – Ogni ideologia dominante si presenta come una non ideologia, semplicemente perché non ne ha bisogno, potendosi presentare direttamente sotto la categoria del senso comune: questo vale per il neoliberismo, che dalla fine degli anni 70 agli anni 10 ha vestito comodamente i panni del buon senso. Probabilmente il più grande risultato, in termini di accumulazione relativa di capitale, mai ottenuto dalle classi dominanti a partire dalla seconda rivoluzione industriale. Il segno più evidente della crisi di egemonia del pensiero neoliberista è la tendenza dei suoi esponenti politici a rivendicare una specifica collocazione nell’arco delle istituzioni democratiche; sembra ieri che Alesina e Giavazzi scrivevano Il Liberismo è di Sinistra, dando per scontato che ci fosse un “anche” sottinteso, giacché era già tranquillamente di centro e di destra.
Oggi, in Umbria, ma non solo, importanti ex dirigenti del Partito Democratico annunciano in maniera esplicita o velata la loro uscita in direzione di un centro sedicente liberale (si guardano bene dal dire liberista): lo fanno accusando il PD di essere diventato nientemeno che un partito comunista, cosa che mi spingerebbe a chiederne subito la tessera, se non l’avessi già.
Ma il punto non è l’ironia su iperboli improbabili, quanto il fatto che proprio nella rivendicazione di una “nuova” collocazione centrista sta scritto il fallimento dell’ipotesi politica che la sostiene; in altri termini, come ho detto spesso condividendo le mie riflessioni sullo stato di quella che fu la sinistra radicale, non esiste una domanda sociale sufficientemente rilavante da poter dar luogo ad un consenso che incida nelle istituzioni.
L’argomento principale, che vado ripetendo da tempo, è sempre lo stesso, ma a mio avviso ineludibile: il processo era già in corso e la pandemia ne è stata un potentissimo acceleratore.
In un anno si sono riversate nelle economie reali più fondi pubblici di quanti se ne potessero sommare in svariati lustri precedenti, senza il minimo aumento dello spauracchio con cui ci hanno terrorizzato per quarant’anni, l’inflazione. Anche l’altro grande terrore, lo spread, è sparito dai radar, da quando la BCE ha cominciato a fungere oggettivamente da prestatore di ultima istanza.
Queste condizioni sono destinate a stabilizzarsi, per motivi che prescindono dalla pandemia e che attengono all’emersione definitiva sulla scena della competizione mondiale di attori, su tutti la Cina, la cui semplice esistenza rende obsoleta l’ideologia privatista della competizione e della concorrenza estreme, che concorrevano da sole in un mondo sostanzialmente unipolare che non esiste più.
Insomma, rivendicare progetti macroniani oggi e ancora di più domani è un po’ come voler rifondare i Guelfi e i Ghibellini in assenza di una contesa tra papato e impero o se preferite, come piantare una noce di cocco nel permafrost, sperando che cresca una palma.