GKN: la lotta di classe è come l’amore, non esiste, si fa

Lavoro

Oscar Monaco

“L’amore non esiste.”
“È per questo che lo facciamo.”
“Eh?”
“Lo facciamo perché esista.”
(Andata + Ritorno, Marco Ponti)


Per anni il pensiero dominante ci ha spiegato a reti unificate che il conflitto capitale lavoro fosse un ferrovecchio del 900, una cosa superata, dalla società postmoderna, liquida, e dalle magnifiche sorti e progressive indicate dalla mano invisibile del libero mercato. Teorizzare la morte della lotta di classe è una forma di esorcismo con cui i padroni, chiamiamoli col loro nome, hanno allontanato e allontanano il loro incubo più profondo: quello che le lavoratrici e i lavoratori si ribellino alla subordinazione al profitto.
Il giorno dopo che GKN ha comunicato, via mail, il licenziamento di 422 operaie e operai, il titolo in borsa è salito del 5%; sempre GKN ha acquistato i macchinari per la produzione, che vorrebbe ricollocare all’estero, con i soldi generosamente elargiti dallo Stato: i nostri soldi.
Invitati a trovare un compromesso, una buonuscita, qualcosa che insomma calmasse le acque, le lavoratrici ed i lavoratori hanno risposto “no, la fabbrica è nostra” e se il signor GKN vuole andarsene “i macchinari rimangono qui e continuiamo noi la produzione”; una cosa da far trasecolare la schiera di replicanti della religione del primato dell’impresa.
I lavoratori (incredibile eh?) chiedono fermamente il primato del lavoro e con questo la politica deve fare i conti, se non vuole allontanarsi ancora di più dalla realtà, e pazienza se qualche neoliberista incallito tenterà di spiegarci che nel suo mondo astratto il mercato riequilibra tutto, “sul lungo periodo”: la lotta di classe è come l’amore, non è una teoria astratta, si fa.