L’Umbria tra le sei peggiori regioni come autoconsumo di energia

Ambiente

di Thomas De Luca (Consigliere Regione Umbria, MoVimento 5 Stelle) – L’Umbria è tra le sei peggiori regioni d’Italia per autoconsumo di energia. Lo dice l’ultimo “Rapporto solare fotovoltaico in Italia” della Direzione studi e monitoraggio di sistema del GSE. Secondo lo stesso rapporto, in Umbria tra il 2019 e il 2020 la potenza installata è aumentata solo del 2,2% contro il 3,7% della media nazionale. E gli impianti installati sono aumentati del 5,3% contro il 6,3% della media nazionale. Dati che confermano la necessità di una nuova strategia regionale per lo sviluppo delle rinnovabili. Invece la maggioranza che governa la Regione nega a migliaia di cittadini il diritto di poter avanzare la richiesta di installare pannelli solari sul tetto delle proprie abitazioni. Questo mentre gli effetti dei cambiamenti climatici sono sempre più tangibili, visibili e misurabili.

L’assemblea legislativa ha bocciato la mozione presentata dal consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Thomas De Luca, per la modifica del Regolamento regionale che prevede il divieto a priori di installazione del fotovoltaico nei centri storici. Un gesto folle e superficiale in un momento di grave crisi in cui l’edilizia ed il settore legato all’efficienza energetica stanno facendo da traino alla crescita economica. La destra nemica delle imprese artigiane si mostra incapace di interpretare ogni possibilità di traghettare l’Umbria verso l’indipendenza energetica. L’Umbria ha il 64% di impianti non a terra contro il 95% della Liguria, il 77% del Veneto, il 96% di Trento e Bolzano e dietro a molte altre regioni. La percentuale di energia autoconsumata rispetto all’energia prodotta nel 2019 è stata pari al 41%, un dato che ci colloca tra le sei peggiori regioni d’Italia. La proposta voleva favorire energie rinnovabili e impianti fotovoltaici per l’autoconsumo. Invece, mentre il governo allenta i vincoli sul Superbonus, in Umbria si ostacola l’installazione di impianti solari termici e fotovoltaici sugli edifici. E pensare che ben l’85% dei comuni dell’Umbria conta meno di 15.000 abitanti che occupano quasi il 60% dell’intero territorio regionale.

Non è chiaro, evidentemente, che l’Italia è costretta ad importare oltre la metà dell’energia di cui ha bisogno e quindi dobbiamo trovare un modo di produrre energia in maniera sostenibile riducendo le emissioni nette di gas serra. La nostra totale dipendenza energetica ricade sull’aumento verticale delle bollette che incide sulla vita di imprese e cittadini. La risposta non sono certo gli impianti a fissione nucleare che ad oggi nemmeno esistono. Né tantomeno può esserlo la proposta di aumentare l’estrazione di metano, un gas climalterante 72 volte più potente della CO2. L’unico modo per ridurre la fattura energetica è il progressivo passaggio a fonti energetiche rinnovabili e l’efficientamento dei consumi. Questa modifica non era certo la panacea di tutti i mali, ma poteva essere un punto di partenza. Così come due altre proposte di legge che il M5S ha presentato per la promozione delle comunità energetiche in Umbria e per l’adattamento ai cambiamenti climatici che speriamo vengano prese in carico il prima possibile dalla II commissione. Oltre ad un nuovo piano energetico basato su rinnovabili e comunità energetiche per combattere le disuguaglianze ed affrontare la sfida climatica, serve soprattutto chiedersi se siamo in grado davvero di adattarci al cambiamento. O se piuttosto vogliamo trasformare l’Umbria in una regione desertica, con borghi perfettamente musealizzati anche se di plastica e senza più nessuno dentro.