CPN RIFONDAZIONE: COSTRUIRE L’OPPOSIZIONE ALLA GUERRA, AL CAROVITA, ALLE DESTRE
Il CPN del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea ringrazia le compagne e i compagni per l’impegno generoso e appassionato in una difficilissima campagna elettorale. Il risultato ancora una volta insoddisfacente non cancella il valore politico della nostra campagna, i temi posti, la prospettiva indicata, la nostra scelta di coerenza.
Il Cpn fa propria l’analisi del voto contenuta nel documento approvato dalla direzione e nella relazione introduttiva del segretario.
I risultati delle elezioni politiche del 25 settembre hanno consegnato il governo del paese alla destra. Dopo un trentennio di bipolarismo e politiche neoliberiste, dopo un decennio di governi partecipati dal PD diventa primo partito del paese la formazione erede del MSI. Non è il primo governo della destra nella nostra storia repubblicana ma per la prima volta alla guida ci sono i (post)fascisti.
Innanzitutto va sottolineato che la coalizione di destra non ha conquistato il voto della maggioranza delle italiane e degli italiani. In particolare va segnalato il significato politico del voto al Meridione dove la coalizione di destra, in alcuni casi, ha segnato una forte battuta d’arresto, in realtà si è trattato di tutt’altro che un “voto di scambio” ma l’esigenza di difendere i propri interessi di classe per una parte del Paese dove, in vari casi, c’è la più grave situazione socio-economica in termini di occupazione e di reddito. La destra ha conquistato la maggioranza di seggi in parlamento a causa di una legge elettorale antidemocratica di cui porta la responsabilità il PD. Va denunciato anche che questa pessima legge elettorale ha cancellato dalla rappresentanza quasi tre milioni di cittadine e cittadini pari a più del 10% dei votanti. Con una legge proporzionale oggi non ci sarebbe un governo Meloni.
La destra vince nelle elezioni che hanno segnato la più bassa affluenza alle urne e il più alto aumento dell’astensione nella storia repubblicana. Il risultato di una frattura tra politica e classi popolari prodotta dalle politiche neoliberiste, dallo svuotamento della democrazia costituzionale, dalla delegittimazione dall’alto della politica come azione collettiva e dalla cancellazione della stessa possibilità di un’alternativa di società. Su questa frattura deve concentrarsi l’intervento politico e sociale del nostro partito.
Come milioni di italiane e italiani di sentimenti antifascisti esprimiamo forte preoccupazione per le caratteristiche di una coalizione di destra che si è caratterizzata per xenofobia, razzismo, “guerra culturale” contro diritti delle donne e lgbtqi, inquietante demagogia sicuritaria compresa la difesa degli abusi in divisa, oscurantismo, rottura dell’unità del Paese e dei principi di uguaglianza, contiguità con le mafie e diffusa corruzione, intreccio di affarismo e neoliberismo, primato assoluto dell’impresa, difesa dei ceti privilegiati e odio verso i poveri, negazionismo ambientale. coniugare lotte democratiche e lotte sociali.
E’ cambiato il quadro in cui si inserisce la nostra azione politica dopo un decennio aperto dal governo Monti e chiuso da quello Draghi. Di fronte a un esecutivo di destra siamo chiamati a un’opposizione di natura diversa e a aprire una riflessione sulla nuova fase. Ci sarà necessità delle più larghe mobilitazioni antifasciste e democratiche a cui non ci siamo mai sottratte/i, ma soprattutto dobbiamo lavorare a un’opposizione che abbia un’agenda di rottura con le politiche di privatizzazione, precarizzazione, smantellamento del pubblico, disuguaglianza, devastazione ambientale, attacco ai diritti di lavoratrici e lavoratori. Il governo delle destre picconerà ulteriormente la democrazia costituzionale con l’autonomia differenziata e il presidenzialismo.
Il nostro partito ha il dovere di lavorare alla costruzione di un largo fronte di opposizione sociale e politica che contrasti da sinistra il governo che sta nascendo. Va rifiutato il richiamo invece a un frontismo acritico egemonizzato dal centro neoliberista. E’ realistico prevedere che i centristi e il PD in parlamento e nei media faranno un’opposizione da destra tecnocratica alla destra, misurando il grado di fedeltà all’UE e alla NATO o il rispetto del rigore dei vincoli europei di bilancio.
Noi dobbiamo lavorare per la convergenza dei movimenti e delle lotte, per sviluppare il conflitto sociale, per una svolta reale. Dobbiamo coniugare lotte sociali e lotte democratiche. La contraddizione tra la retorica populista e il carattere antipopolare delle politiche della destra può emergere soltanto con un’opposizione di sinistra, di classe, femminista e intersezionale che si batta per la difesa e l’attuazione della Costituzione mettendo al centro le drammatiche questioni sociali, economiche e ambientali che il paese deve affrontare.
La vittoria di Giorgia Meloni è nata dalla scelta di collocarsi all’opposizione del governo Draghi, di presentarsi – anche se solo apparentemente – come forza anti-establishment. È la sinistra di classe che deve riuscire a farsi percepire dalle masse popolari per una chiara alternatività rispetto a un centrosinistra che ha affrontato le elezioni sventolando l’agenda Draghi. La vittoria di Giorgia Meloni segna il fallimento del PD, non solo delle scelte sbagliate recenti, ma dell’intero progetto incentrato su un impianto programmatico neoliberista, antipopolare, governista, di totale identificazione con la governance UE e NATO.
Un’opposizione extraparlamentare come la nostra deve anche proporsi gli strumenti per dare efficacia alla propria azione. Va verificata la possibilità di chiamare un vasto arco di forze sociali e politiche alla convergenza intorno a un pacchetto referendario democratico, sociale e ambientale che imponga il confronto su un’agenda diversa.
La mobilitazione contro la guerra e la lotta contro il carobollette e l’inflazione, con campagne di propaganda e soprattutto con l’autorganizzazione dei soggetti sociali, costituiscono il terreno immediato prioritario della nostra opposizione.
Unione Popolare deve dimostrarsi utile come soggetto e spazio unitario dell’opposizione più conseguente e coerente al governo di destra e voce del malessere delle classi popolari. Abbiamo intrapreso il percorso, nato dalla convergenza tra il nostro partito, Potere al Popolo, DemA, le parlamentari di ManifestA, prima della precipitazione della crisi di governo e delle elezioni anticipate, in anticipo rispetto alla normale fine della legislatura ma in ritardo per essere pronti nella nuova situazione. Il risultato è stato deludente, anche oltre gli effetti scontati di un ciclo lungo di sconfitta e arretramento, ma la campagna ha suscitato energie, interesse e entusiasmo. Non dobbiamo disperdere questo patrimonio e questa fiducia. Unione Popolare non può essere una sigla che scompare per poi riapparire solo in scadenze elettorali.
Il percorso va proseguito riprendendo immediatamente l’iniziativa politica e sociale in questo autunno segnato dall’escalation della guerra, dalla crisi sociale prodotta dal caro bollette e dall’inflazione, dalla stessa nascita di un esecutivo di destra. Intorno al progetto di Unione Popolare si è aggregata un’area di disponibilità all’impegno più larga dei partiti che hanno promosso l’aggregazione e soprattutto energie intellettuali, attiviste/i, giovani. Un’area che va appieno coinvolta. Lo stesso rapporto con le tante lotte e vertenze va sviluppato nella pratica della convergenza, che riguarda aree molto più vaste di quelle già impegnate in Unione Popolare. Va messa in campo anche un’iniziativa specifica per non far cancellare Unione Popolare dagli spazi televisivi e dai sondaggi.
Bisogna riaprire quel percorso di allargamento e partecipazione che ci eravamo assunti il compito di iniziare con l’assemblea del 9 luglio. A livello nazionale sono stati definiti alcuni appuntamenti a partire da un incontro on line con candidate/i e militanti di giovedì 20 ottobre. Vanno promossi momenti assembleari territoriali per dare vita a un processo che sia di partecipazione democratica. La manifestazione per la pace a Milano svoltasi ieri è la dimostrazione di come Unione Popolare possa riprendere l’iniziativa sui territori e a livello nazionale.
Ribadiamo, come già fatto nel documento della direzione, che escludiamo ogni ipotesi di scioglimento delle organizzazioni che hanno promosso Unione Popolare per costituire un nuovo partito. Anzi riteniamo il rilancio di un PRC rigenerato e rinnovato una condizione decisiva per una Unione Popolare democratica, partecipata, aperta. Non è la reductio ad unum la risposta alle differenze di cultura politica e sensibilità. Attraverso il metodo del consenso vanno definite le iniziative comuni condivise.
Unione Popolare dovrebbe svilupparsi come movimento unitario che, a partire dalla convergenza tra formazioni politiche autonome, consenta di aggregare nuove forze e la più ampia partecipazione. Va immaginata come soggettività che sintetizzi e valorizzi le forze politiche, i settori di movimento, le intellettualità che la compongono e (ancor più) la comporranno.
Il CPN dà mandato alla segreteria e alla direzione di approfondire la questione delle forme e dei passaggi ulteriori del percorso di Unione Popolare nel confronto con le altre componenti dentro le coordinate definite nelle tesi congressuali, per essere puntualmente riconvocato ed esprimersi sulle scelte politiche fondamentali.
Non pensiamo a Unione Popolare come un recinto autoreferenziale e settario. Il fatto che il recupero del M5S in versione “progressista” abbia chiuso lo spazio politico della nostra lista nel tempo brevissimo della campagna elettorale non implica dismettere un atteggiamento di confronto critico e dialettica unitaria.
Avevamo avanzato con de Magistris la proposta, dopo la rottura del M5S col PD, di una coalizione popolare contro la guerra. Si-Verdi e M5S si sono assunti la responsabilità di non rispondere. Il rifiuto da parte di questi partiti ha impedito che si aprisse un confronto per costruire un polo di alternativa come in altri paesi. Riteniamo sbagliata la propensione di settori della sinistra a affidare nuovamente al M5S una funzione di supplenza o di rassegnarsi a un ruolo subalterno al PD ma non rifiutiamo a priori la possibilità che si riapra una interlocuzione e una collaborazione a partire dall’opposizione al governo Meloni.
La fase complessa e inedita che si apre nel nostro paese implica la necessità per il nostro partito di un grande sforzo di elaborazione collettiva, di proposta programmatica, di comunicazione verso l’esterno, di radicamento e organizzazione, di autofinanziamento, di innovazione, iniziativa politica, sociale e culturale, di relazione con le altre soggettività politiche e sociali.
Il percorso verso la Conferenza di Organizzazione nazionale, convocata per il 14 e 15 gennaio 2023, va visto come occasione, insieme alla necessità di rinnovamento del nostro Partito, anche per affrontare i compiti che ci affida la nuova fase.
Il ruolo del Partito della Rifondazione Comunista, il rilancio della nostra organizzazione, non solo non è in contrapposizione con l’allargamento e il rafforzamento di Unione Popolare, ma è centrale perché possa avvenire. Deve essere un tema su cui concentrare maggiormente le nostre discussioni e anche a questo serve la Conferenza di Organizzazione.
La costruzione del movimento contro la guerra è il compito principale che abbiamo di fronte. La questione della pace va intrecciata costantemente all’emergenza sociale e alle campagne contro il carovita, il carobollette, gli sfratti e a quelle ambientaliste a partire dalle vertenze contro i rigassificatori e le fonti fossili.
Siamo chiamati al massimo impegno sul terreno europeo visto il ruolo guerrafondaio delle istituzioni UE e in previsione delle prossime elezioni. Va sviluppata una riflessione negli organismi in vista del prossimo congresso della Sinistra Europea. Il nostro partito è impegnato nel confronto interno alla Sinistra Europea, e in ogni altra sede, per una posizione che ponga al centro la richiesta che l’UE assuma un ruolo di mediazione abbandonando la linea guerrafondaia di USA e NATO, si denunci il ruolo svolto da forze neonaziste ucraine e le responsabilità dell’espansionismo a est della NATO nell’escalation di un conflitto cominciato nel 2014, la richiesta di immediato cessate il fuoco e apertura della trattativa che non possono essere condizionati al previo ritiro delle truppe.
La manifestazione nazionale per la pace – indetta da Cgil, Anpi e da un vasto arco di forze sociali e associazioni pacifiste per il prossimo sabato 5 novembre – ha l’importante merito di affermare la necessità della trattativa, del cessate il fuoco, della ricerca di una soluzione diplomatica.
Dobbiamo dare il nostro contributo alla riuscita della manifestazione con un lavoro di mobilitazione capillare sui territori con volantinaggi e iniziative del partito e unitarie, con la nostra autonomia di analisi e proposta politica, tesa a evidenziare la natura imperialista del conflitto in corso, strettamente collegato all’evoluzione multipolare delle relazioni economiche e politiche internazionali.
La destra va contrastata anche sul piano culturale perché il revisionismo storico divenuto senso comune ha svolto un ruolo essenziale nel rilegittimarla. Da questo punto di vista va data massima diffusione al materiale predisposto dal dipartimento antifascismo per le iniziative.
Si apre una stagione di mobilitazioni sindacali, femministe, ambientaliste dentro le quali dovremo esserci con i nostri contenuti e la massima disponibilità alla convergenza, dalla manifestazione del 22 ottobre a Bologna contro il passante alla manifestazione nazionale per la sanità pubblica del 29 ottobre a Roma, dalla giornata contro la violenza sulle donne del 25 novembre fino allo sciopero generale unitario indetto dai sindacati di base per il prossimo 2 dicembre e chiedendo con forza alla Cgil di costruire un percorso di mobilitazioni che si concluda con lo sciopero generale. Lo sciopero generale contro il carovita in Francia offre un esempio che si dovrebbe puntare a generalizzare nello spazio politico europeo.
Approvato cone 30 voti contrari e 13 astenute/i
Domenica, 16 ottobre 2022