L’ascesa della Classe Militare, una nuova teoria della storia

Cultura

Recensione de Lineamenti Generali del Trattato sulla Classe Armata: Una nuova teoria della storia, di David Colantoni

Oscar Monaco

L’approccio epistemologico si manifesta a partire dalle primissime pagine, laddove si fornisce un riferimento critico all’economia politica prevalente, che verrà successivamente approfondito, rispetto alle dinamiche di espansione e ai cicli del capitale, “l’impegno politico-militaristico occidentale contro la Russia, non persegue gli scopi del capitalismo tout court, perché il capitalismo non fa la guerra per entrare in Russia ma a causa della guerra la Russia, dove era già trionfalmente entrata alla fine dell’Unione Sovietica, è costretta a lasciarla, abbandonando ciò che era già suo”.

Siamo quindi di fronte ad “una terza gigantesca lotta di classe, in cui la Borghesia Capitalista si trova coinvolta dall’apparire di una nuova potentissima classe sociale di cui non ha preso coscienza, e destinata a stravolgere l’orizzonte della storia, le cui conseguenze ed effetti finalmente, e la cosa è spaventosa, cominciano ad essere visibili.” Una lotta di classe in cui la vecchia borghesia rischia di essere soppiantata da una classe che non è ancora “epistemologicamente registrata”.

L’idea del profilarsi di una classe militare come soggetto storico autonomo e dotato di coscienza, che Colantoni sviluppa elevando al rango di teoria storica, trova una sua embrionale e prematura intuizione già nel dibattito culturale americano negli anni 60′ del secolo scorso, con l’autore e attivista politico americano Arthur Waskow che durante un convegno afferma che “L’evento più significativo di quest’ultima generazione in America è stato l’emergere di quella che si potrebbe quasi considerare come una nuova classe, definita piuttosto dal suo rapporto coi mezzi di distruzione totale che da un rapporto coi mezzi di produzione”. L’espressione di Waskow, citata nei Lineamenti, si riferisce evidentemente ad un settore circoscritto e professionalizzato di militari all’interno del corpo più vasto e politicamente problematico dell’esercito di leva. Tuttavia è proprio a cavallo tra la metà degli anni 60′ e la metà degli anni 70′, in coincidenza con la guerra in Vietnam, che Colantoni individua la nascita della nuova Classe Armata, il cui mezzo di riproduzione sociale coincide con la guerra, che smette di essere uno strumento nelle mani della vecchia borghesia capitalistica per diventare un fine in sé, una necessità storica in quanto tale dotata di un impianto ideologico e di una dinamica egemonica.

In Copertina di David Colantoni, opera digitale della serie Aleturgie – una dialettica delle immagini (2010) – da una serie di lavori digitali basati sulla messa a fuoco della nuova estetica dei mezzi di distruzione.

Come la Londra del XVIII secolo fu l’epicentro più maturo della nuova classe borghese capitalista, nata come abbiamo detto nei comuni italiani del XIII secolo, passando per i primi imperi commerciali a Venezia e Genova, per approdare in Gran Bretagna passando per l’Olanda, come spiega bene Giovanni Arrighi, autore sovente richiamato da Colantoni, il Pentagono è l’epicentro della nuova Classe Armata.

È di grande interesse la relazione che Colantoni individua tra ascesa della Classe Armata e dell’ideologia neoliberista, soprattutto sulla convergenza di che entrambe cominciarono a manifestare già sul finire degli anni 50′ rispetto al tema dell’abolizione della leva obbligatoria e della professionalizzazione dell’esercito; basti pensare al pamphlet “why not All Voluntary Force?” con cui Milton Friedman, nel 1967, espone il tema a partire dal possibile esubero di personale nelle forze armate dovuto al baby boom post bellico. I “civili” furono usati come Cavallo di Troia per ottenere un esercito professionale che fosse al contempo una leva politica nell’apparato dello Stato e nei rapporti di forza tra i suoi poteri e paradossalmente il tentativo di limitare il potere delle forze armate nella misura in cui “la direzione industriale voluta da Kennedy con l’intenzione di controllare i militari si era trasformata in un’arma di cui i militari si erano impossessati per controllare i civili”.

Riferendosi al testo fondamentale di Seymour Melman, collaboratore del presidente Kennedy nonché uno dei principali teorici e promotori della riconversione dell’industria bellica, Capitalismo Militare, Colantoni indaga la genesi della crescita abnorme dell’apparato militare a partire dagli anni 60′ fino alla soglia odierna della definitiva sussunzione da parte di questa della borghesia come classe egemone e delle sue strutture politiche e giuridiche: “La condizione del ceto politico nonché quello giudiziario, svuotato di potere dall’usurpazione sempre più ampia delle sue prerogative da parte della Classe Armata, assomiglia straordinariamente alla condizione dell’aristocrazia di allora (quella francese sotto Luigi XIV), un ceto ai cui privilegi corrispondono sempre meno funzioni, ciò alimenta come un vento alimenta il fuoco, l’incendio dell’odio populista verso tali ceti”. Ricordiamoci che mentre tra scroscianti applausi nel nostro paese sono stati tagliati enti e assemblee elettive, a fronte di risparmi risibili per la spesa pubblica, nessuno dei 42.000 esuberi attuali tra ufficiali e sottoufficiali delle FFAA è stato toccato e il Ministro della Difesa Crosetto chiede che vengano sottratte ai vincoli del Patto di Stabilità le spese militari, non quelle per sanità, istruzione, ricerca o previdenza sociale.

Testi come Capitalismo Militare di Seymour Melman, edito nel 1970 e tradotto in italiano nel 1972 da Renato Solmi, intellettuale della nuova sinistra italiana facente riferimento alla cerchia di Raniero Panzieri, richiamo costante costante nei Lineamenti, aprivano allora uno sguardo estremamente dettagliato rispetto alle definizione allarmante ma generica di Complesso Militare-Industriale fornita da Eisenhower. I dati sulla ramificazione nell’apparato industriale americano, nell’università e nella ricerca, nelle pachidermiche strutture burocratiche statali hanno subito una lievitazione per molti aspetti incalcolabile o che meriterebbe di essere meticolosamente calcolata da chi abbia la possibilità e la volontà di farlo.
Due esempi per dare una vaga idea del fenomeno: se il Pentagono fosse uno stato indipendente sarebbe oggi il ventesimo più ricco della terra, ma ovviamente il paragone non regge dal momento che il Pentagono è solo la direzione centrale di un apparato immensamente più vasto; nel 1967 le proprietà sul solo suolo statunitense del Pentagono ammontavano a circa 110.000 km quadrati, più o meno l’estensione della Grecia (nel millenovecentosessantasette!).
Il libro di Colantoni è, a mio avviso, un ottimo strumento per aprire una nuova stagione di battaglia politica sulle spese militari, le cui quantificazioni ufficiali sul Pil suonano francamente ridicole una volta presa anche vagamente coscienze della vastità e pervasività della Classe Militare.

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