Riportiamo di seguito una riflessione di Leonardo Caponi apparsa sulla sua pagina facebook.
CI SAREMO ANCHE STAVOLTA
Alle prossime elezioni regionali ci sarà una lista dei comunisti e della sinistra alternativa. Sarà formata dal Pci, da Potere al Popolo, Resistenza Popolare, Casa Rossa di Spoleto e altre soggettività della sinistra tra le quali il ritorno in campo di un gruppo che fa capo a Orfeo Goracci (nella foto).
Rifondazione comunista è divisa sull’adesione al campo largo e non so se, in parte o in forma individuale, ci daranno in qualche modo una mano. Candidata a Presidente sarà Martina Leonardi, Potere al Popolo ex credo Rifondazione, una compagna che non conosco, ma di cui tutti mi dicono un gran bene. Lavora nel sociale e chissà che possa essere per noi una Ferdinandi meno chiaccherona e non illusionista.
Voglio parlare, come si dice, a cuore aperto. I compagni e le compagne sanno delle remore e dei dubbi che nutrivo e nutro sulla possibilità di far esistere, oggi, uno spazio politico ed elettorale a sinistra del campo largo. Mi ha fatto pensare l’esperienza recente di Perugia che pure tutt’altro che rinnego, che è stata valida perché ha marcato una presenza, perché ci ha dato i risultati che aspettavamo, niente di più niente di meno. Epperò questi dubbi li ho definitivamente risolti dopo il voto al Parlamento Europeo. Il tentativo di far vivere una alternativa al sistema dei tutti uguali (anzi direi di una sedicente sinistra che è peggiore della destra) l’ho avvertito come una esigenza etica prima ancora che politica. Una responsabilità (adesso non voglio esagerare in paroloni o suggestioni magnificenti come fanno gli altri) di fronte a noi stessi, al mondo, ai nostri figli e ai nostri nipoti: evitare la guerra. Questo imperativo in faccia ad una evenienza che ogni giorno di più appare probabile più che possibile (e che è volutamente sottovalutato e sottaciuto dal circo mainstream), ci spinge a formulare non una generica, qualunquista e impotente richiesta di pace, basata sulla illusoria buona volontà dei belligeranti, ma proposte che, realisticamente, sottolineo realisticamente, possono portare oggi alla fine delle ostilità. Queste riguardano innanzitutto la sospensione delle forniture belliche all’Ucraina, ma poi si estendono alla messa in discussione della Nato, alla fine dei crimini israeliani, nella prospettiva dell’accettazione e della costruzione di un mondo multipolare.
Ma noi non vogliamo sfuggire e non sfuggiremo ai problemi dell’Umbria e ai temi della politica regionale. Anzi. Il fatto è che la crisi odierna della nostra regione (lo spopolamento, l’arretramento economico e sociale e molti altri segnali di decadimento anche culturale) non è solo il prodotto del quinquennio di governo del centro destra; essa segna la conclusione di un ciclo ormai ventennale di politiche liberiste che sono state agite in maniera bipartisan dai due blocchi, a Perugia e a Roma. Queste politiche hanno un nome e un cognome. Si chiamano tagli draconiani alla spesa pubblica e sociale, privatizzazioni (a cominciare dalla sanità) e liberalizzazioni, svendita del patrimonio delle municipalizzate, accettazione di una deindustrializzazione non compensata da un modello di sviluppo tutto terziario, imperniato sulle grandi cubature urbanistiche e commerciali, sul consumo del territorio e danni all’ambiente e ad un possibile sviluppo agricolo.
Di fronte a questo non c’è un ripensamento critico reale da parte del campo progressista che, al di là delle vuote suggestioni e dello show sui meravigliosi viaggi che è ripreso, si configura come un agglomerato elettoralistico di forze diverse tenute insieme dall’obiettivo di rimettere le mani sulla gestione del potere. Poi vedranno quel che fare.
Per questo e a questo noi vogliamo dare un’alternativa.