cannibalizzare i mercati esteri, per assicurarsi gli ingenti flussi di denaro che gli apparti di sicurezza investono per acquistare tecnologie e servizi digitali o per scongiurare il rischio che regolamentazioni ostili restringano la loro libertà di accedere alle informazioni private. E per avere una misura di quanto coloro che un tempo erano gli alfieri del libertarismo abbiano rapidamente virato verso una strategica alleanza con lo Stato, è sufficiente guardare a Mark Zuckerberg.
Il fondatore di Facebook (oggi Meta), quarto uomo più ricco al mondo, si è presentato a Mar-a-Lago portando in dote un milione di dollari per la cerimonia inaugurale e dichiarandosi disponibile a svolgere un ruolo attivo nella politica tecnologica della nuova amministrazione. Per essere ancora più convincente, ha rassicurato sulla sua intenzione di abbandonare la politica di “moderazione dei contenuti” posta in essere per blandire Biden subito dopo i fatti di Capitol Hill. Il colore politico diventa irrilevante: per le Big Tech quello che conta è preservare l’alleanza strategica tra capitale monopolistico e apparati dello Stato ad esso interconnessi.
Forse ancora più emblematico è il caso di Eric Schmidt, già amministratore delegato di Google e capo della Defence Innovation Unit del ministero della Difesa. In un recente policy paper della Hoover Institution (Defense Against the AI Dark Arts), Schmidt ha esortato gli apparati dello Stato ad “affidarsi” alle grandi piattaforme che, a suo dire, sarebbero le uniche in grado di scongiurare il sorpasso cinese in materia di Intelligenza Artificiale, considerando questo come uno scenario da incubo per le prospettive future degli Stati Uniti e dell’occidente.
La guerra, dunque, consolida il complesso militare-digitale e rafforza il potere economico delle piattaforme. La contrapposizione tra i due blocchi che si contendono l’egemonia, con l’emergere un analogo complesso militare-digitale che vede uniti il Partito Comunista e le grandi piattaforme cinesi, accresce il rischio di escalation e mette a repentaglio il già esiguo spazio per la democrazia e la cooperazione. L’Europa, in questo contesto, è un vaso di coccio. Alla subalternità militare nei confronti degli Stati Uniti si aggiunge una drammatica dipendenza dalle grandi piattaforme digitali. E Musk, da questo punto di vista, è solo uno dei vari esempi. Il tentativo europeo di acquisire autonomia nel campo delle connessioni satellitari con il progetto Iris2 è lodevole ma quantitativamente inadeguato e rischia di vedere la luce quando Space-X avrà già riempito l’orbita bassa delle sue costellazioni di satelliti. Peraltro, se l’Italia dovesse procedere con l’accordo per l’acquisizione del servizio Starlink starebbe fornendo a Musk il doppio delle risorse che prevediamo di conferire per il progetto Iris2.
1 Una versione più breve di questo articolo è stata pubblicata sul Fatto Quotidiano in data 13/01/2025.
Dario Guarascio, professore di economia e diritto a La Sapienza di Roma, interverrà insieme a Giulio De Petra del Centro Riforma dello Stato lunedì 20 gennaio alle 17,15 sul tema “Guerra e tecnologie: il complesso digitale-militare” a Roma presso la Fondazione Basso in via della Dogana Vecchia 5 all’interno del ciclo di incontri settimanali dal titolo “Guerre, pace, sistema mondiale” organizzati dalla Fondazione Basso e dal Dipartimento Saras della Sapienza Università di Roma.