Maysoon Majidi è libera, ma la criminalizzazione della migrazione continua
MaysoonMajidi, attivista curda iraniana di 28 anni, è stata finalmente assolta e rimessa in piena libertà dopo dieci mesi di carcere e oltre un anno di processo. Arrestata il 31 dicembre 2023 con l’accusa di aver facilitato l’attraversamento del confine ha vissuto sulla propria pelle il meccanismo repressivo che trasforma le vittime delle frontiere in colpevoli.
La sua scarcerazione è una buona notizia, ma non basta a nascondere l’ingiustizia subita. La criminalizzazione dei cosiddetti “scafisti” è il pretesto con cui si puniscono persone che spesso sono esse stesse migranti, mentre i veri responsabili per i naufragi e la violenza delle frontiere restano impuniti, su ogni sponda del mare. O, come nel caso del torturatore libico #Elmasry, vengono addirittura liberati con voli di Stato.
Il vero crimine è quello delle politiche che rendono sempre più pericolosi i percorsi migratori, costringendo chi fugge a rischiare la vita in mare. Le leggi che da decenni colpiscono i presunti “scafisti” non servono a tutelare le persone migranti, ma a costruire capri espiatori. Da quando è stata arrestata Maysoon, oltre cento persone migranti sono state arrestate così, e circa mille restano ancora in carcere. Il suo co-imputato, Akturk Ufuk, è stato condannato a 8 anni e 4 mesi di detenzione, semplicemente per aver fatto arrivare una barca di profughi sani e salvi sulla costa calabrese. Fra cui Maysoon stessa.
Maysoon è libera, ma la battaglia contro la criminalizzazione dell’immigrazione e della solidarietà continua.