Scozia alla ribalta: la fuga da Londra nel sogno indipendentista

Mondo

Il nuovo anno tanto atteso è arrivato e non possiamo di certo dire che non abbia portato con sé delle novità.

di Arianna Recine

Il Regno Unito è fuori dall’UE in maniera irreversibile forse e non c’è molto che si possa fare a riguardo. Ma c’è chi dice No a secoli di frustrazioni derivate da decisioni prese in sua vece e la Scozia è fra questi.

C’è poco da meravigliarsi se non altro per la genealogia stessa della Scozia che la vede affiorare come stato indipendente e sovrano nel Medioevo fino al 1707, quando entrerà ufficialmente in un’unione politica con l’Inghilterra creando in questo modo, un unico Regno di Gran Bretagna.

Se è vero che il Trattato di Unione fu tradotto in legge dai Parlamenti di entrambe le nazioni è altrettanto vero che non fu immediatamente accettato di buon grado dagli scozzesi, anzi!
Più di tre secoli fa l’afflato indipendentista già cominciava ad insinuarsi e ad investire buona parte dell’opinione pubblica scozzese. In effetti, esplose una forte opposizione popolare a questo Union with England Act, cui fecero seguito disordini marcatamente anti-unionisti a Glasgow, Edimburgo e ovunque nel Regno di Scozia.
Il tutto è abbastanza esplicabile se si considera che la presenza di istituzioni legali e religiose distinte da quelle del resto del Regno Unito, hanno aiutato quell’identità nazionale scozzese a sedimentarsi negli anni.

Ebbene, se gettiamo lo sguardo sull’esito del referendum sull’indipendenza dal Regno Unito del 18 settembre 2014, favorevole agli unionisti (con il 55,3% dei voti) potremmo non riuscire a sciogliere quel nodo di contraddizione.
Secondo il progetto di Alex Salmond (leader del Partito Nazionale Scozzese), che si procurò un referendum dopo lunghe trattative con l’allora primo ministro inglese David Cameron, la Scozia, se avesse vinto il Sì, sarebbe diventata nei fatti una nazione con governo autonomo ma comunque parte del Commonwealth delle nazioni alla stregua di Australia e Canada e il monarca relegato a mero simbolo di Capo dello Stato.

Il 28 marzo 2017 il parlamento di Edimburgo vota a maggioranza (69 favorevoli, 59 contrari) la delega al primo ministro Nicola Sturgeon di chiedere al governo di Westminster un nuovo referendum per l’indipendenza della Scozia.

Ma a cambiare le carte in tavola c’è l’incresciosa questione della Brexit. Gli scozzesi infatti avranno anche votato per restare nell’unione con il resto del Regno Unito (anche se i giovani hanno votato quasi unanimemente per l’indipendenza) ma ben il 62% si è opposto invece all’uscita dall’ UE nel referendum del 2016.
Quindi oggi a spostare l’ago della bilancia ci sono molti europeisti che un tempo votarono per rimanere in UK perché il Regno Unito era comunque di fatto completamente in Europa.
La separazione infatti, avrebbe significato abbandonare sia Londra che Bruxelles, poiché quasi sicuramente, i secessionisti avrebbero trovato ad attenderli al varco l’opposizione da parte dei britannici e il loro veto pronto ad essere posto all’ammissione nella UE della sola Scozia autonoma e indipendente.
È vero quindi che la Scozia gode di poteri devoluti ma sono completamente inefficienti nel quadro della gestione delle questioni internazionali ed europee del paese

Da non tralasciare inoltre, nell’affermarsi sempre più deciso dello spirito indipendentista, una fallimentare campagna elettorale unionista resa tale soprattutto dalla mancanza di argomentazioni per così dire, reali.
Infatti, proprio come nel 2014 gli unionisti non sono stati in grado di spiegare quali vantaggi concreti avrebbe tratto la Scozia da una mancata indipendenza; oggi non solo c’è l’aggravante della Brexit ma il primo ministro Boris Johnson è sicuramente il più inviso tra i premier degli ultimi anni, per ovvie ragioni.

Non dimentichiamoci, tanto per tirare le somme, la superficialità nell’approccio con la pandemia da coronavirus.

Insomma, gli scozzesi non dimenticheranno quando si tratterà di ribaltare quel piattino unionista che piange miseria già da un po’ sulla bilancia con gli indipendentisti, seppur facendo attenzione come ribadito dalla Sturgeon, a non percorrere la via catalana.

Al contrario, da parte indipendentista un chiaro progetto fu esibito a tempo debito: già Alex Salmond, l’ex capo dello Scottish National party, presentò una bozza di costituzione che sarebbe entrata in vigore qualora avesse vinto il Sì al referendum.
Gesto estremamente simbolico considerando che una Costituzione scritta fa pensare a tutti i paesi dell’UE tranne che al Regno Unito.

Chissà se gli indipendentisti riusciranno nell’impresa e se intoneranno quel liberatorio canto dell’addio a braccia incrociate sulle note di Auld Lang Syne, questa volta rivolto agli ex vicini di casa inglesi.
Un addio senza rimpianti, come ci suggerisce il testo di questa bellissima canzone.