L’alternanza scuola lavoro: perché ciò che accade a scuola ci riguarda

Società

Ripubblichiamo un documento scritto nel 2015 – in occasione del varo della Buona Scuola – dall’allora collettivo Clash City Workers, e poi lievemente aggiornato nel 2019, che affronta il tema dell’alternanza scuola lavoro nelle scuole.

La morte di Lorenzo Parelli, studente inserito in un percorso di alternanza, ha sollevato un’ondata di giusta indignazione in una parte del paese.

Con questo scritto vorremmo fornire qualche strumento di analisi agli studenti, alle studentesse e ai/alle docenti che oggi protestano, con l’obiettivo di liberarsi da alcune narrazioni tossiche che aleggiano intorno alla scuola e alla sua funzione, narrazioni che purtroppo molti studenti, insegnanti e molte famiglie hanno fatto proprie, e che invece dovremmo provare a ribaltare collettivamente.

Secondo la vecchia narrazione dominante, fatta propria anche dall’attuale Ministro Bianchi, la scuola dovrebbe occuparsi principalmente di riequilibrare l’equilibrio tra domanda e offerta del sistema produttivo, il cosiddetto mismatch, adattando la formazione dei giovani alle competenze richieste dalle imprese.

Questa narrazione piace soprattutto a Confindustria, perché scarica sui giovani, sulle loro presunte incapacità e sulla necessità di adattarsi ad ogni costo alle richieste degli imprenditori, l’onere di tenere alta la crescita e l’occupazione.

Liberando al contempo gli imprenditori da qualsiasi responsabilità e mettendoli al riparo dalle critiche relative alle condizioni di lavoro, ai salari da fame e ai contratti precari che prolificano in sempre più settori, all’assenza di tutele, all’inquinamento, agli sprechi e sperequazioni tipiche dell’utilizzo dei soldi pubblici a fini privati.

Occorre liberare la scuola di tutti e tutte dall’essere considerata quale mera appendice dei bisogni della borghesia italiana, affrontarne i problemi reali e tornare a pensarla come uno degli strumenti principali per la costruzione di un futuro collettivo più giusto, ecologico e solidale.

Lo dobbiamo a Lorenzo e a tutti e tutte noi.

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Alternanza: il fenomeno in cifre

L’alternanza ha risolto il problema della disoccupazione giovanile?

L’economia della promessa, la farsa dell’esperienza, ovvero il ruolo ideologico dell’alternanza scuola lavoro

Le mani sulla scuola

Una scuola sempre più diseguale

Dire di no è possibile e necessario!

È evidente che per rispondere efficacemente al progetto di Confindustria e quindi a quello del Governo, occorre cambiare paradigma. L’alternanza scuola lavoro è infatti l’asse portante di un modello di istruzione che è già, almeno in parte, applicato e quindi già in grado di provocare – come accennato in precedenza – effetti concreti. Non si può mettere in critica questa riforma senza coinvolgere le altre leggi intervenute a ridefinire il concetto stesso di scuola pubblica – da Berlinguer in avanti – e senza connettersi a quanto, in parallelo – dal pacchetto Treu fino al Jobs Act – è cambiato in tema di regolamentazione del lavoro salariato. All’interno di quel modello, non possiamo che rifiutare in toto l’alternanza scuola lavoro, in quanto, da un lato, fattore ulteriore di precarizzazione dei lavoratori presenti e futuri, e, dall’altro, in quanto innesco per una ulteriore dequalificazione dell’istruzione pubblica.

Esistono tuttavia degli spazi concreti entro cui muoversi per mettere i bastoni tra le ruote al progetto complessivo della Buona scuola, per farne emergere le contraddizioni ed evitare l’assuefazione: non sono stati pochi coloro che in questi anni hanno denunciato l’assurdità dell’alternanza scuola lavoro. Non sono pochi quelli che, quotidianamente, nel privato delle proprie vite, rifiutano proposte umilianti, di fronte all’ipotesi di lavorare gratis si alzano, girano i tacchi e se ne vanno. Del resto, la guerriglia ideologica del Capitale può essere efficace quanto vogliamo, ma davanti alla necessità materiale di campare non ci sono promesse che tengano, ogni illusione svanisce: tu non mi paghi? Io non lavoro!

Chiediamo poche, semplici cose:

– Il diritto a ripensare a un modello scolastico inclusivo, pubblico e democratico. Vogliamo una scuola che escluda l’autoritarismo in tutte le sue forme e che rifiuti le logiche di mercato e la competitività come principi fondanti dei percorsi formativi. Siamo contro l’aziendalizzazione della scuola pubblica, la retorica della meritocrazia e la didattica per competenze. Chiediamo il diritto ad immaginare una scuola diversa, libera dall’ossessione valutativa, dalla quantificazione dell’apprendimento e della pretesa di misurare tutto, anche la nostra crescita culturale e personale.

– Una scuola di qualità che renda effettivo il diritto allo studio per tutti, contro la regionalizzazione delle disuguaglianze. Perché i dati parlano chiaro: la disparità sociale inizia fra i banchi di scuola! Chi non può permetterselo abbandona o si accontenta. La polarizzazione fra scuole di serie A e B crea i futuri precari e la futura élite. In oltre i divari fra Nord e Sud Italia, tra Centro e Periferia, tra Provincia e Metropoli non vengono che aumentati a dismisura, creando scuole d’eccellenza e scuole parcheggio. Le disuguaglianze verranno solo che implementate grazie al potenziamento dell’autonomia scolastica regionale annunciato dal ministro Bussetti. Non possiamo che dirci contrari a questo provvedimento che mina le fondamenta dei più basilari principi (costituzionale) di solidarietà e di redistribuzione su base nazionale.

– L’abolizione dell’Alternanza Scuola-Lavoro e della legge 107/15 (Buona Scuola). Perché il modello creato dalla legge 107 ha dato vita all’ultima frontiera dello sfruttamento di lavoro, anche minorile. Ha piegato definitivamente la scuola al privato e alle imprese. Ha portato profitto nelle tasche delle grandi aziende e obbligato gli studenti ad obbedire, creando un enorme esercito di manodopera gratuita, da subito abituata alla flessibilità, al precariato e a dover chinare la testa verso i padroni di oggi e di domani. E ad un sistema che ha alla base lo sfruttamento degli studenti e la manipolazione ideologica delle nuove generazioni non si risponde applicando migliorie, ma chiedendone la totale abolizione.

– La re-internalizzazione delle attività di alternanza nelle scuole e il potenziamento delle attività di laboratorio all’interno dei nostri istituti. Perché la “parte pratica” dell’istruttoria che dicono manchi nelle ore di scuola è quella che ci è stata tolta tagliando i laboratori. La nostra proposta è di potenziare le attività interne alle scuole chiedendone un aumento dei fondi e degli investimenti pubblici.

– L’abolizione delle prove Invalsi e la loro sostituzione con rilevazioni che abbiano carattere puramente scientifico e comparativo, che non abbiano cioè valore ai fini della valutazione. Perché standardizzano lo studente e lo pongono davanti a una condizione di brutale competizione. Tolgono valore all’apprendimento di contenuti culturali e annichiliscono non solo gli studenti, ma anche il ruolo del docente. L’apprendimento non può essere valutato con un quiz a crocette fintamente oggettivo perché la formazione è un processo complesso che ha molto a che fare con le specificità personali. I test INVALSI non fanno altro che stigmatizzare le scuole dividendole tra scuole di serie A e scuole di serie B.

– Scuole senza Forze dell’Ordine, contro il decreto “Scuole Sicure”. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo, per noi le uniche “Scuole Sicure” sono quelle che non ci crollano in testa! Si parla di 2,5 milioni stanziati per questo decreto, mentre all’istruzione pubblica ne sono stati tagliati, come annuncia il decreto fiscale, 14 MILIONI. E’ il momento di invertire la rotta. Non vogliamo più aspettare.

– L’aumento dei fondi stanziati per l’Edilizia Scolastica. Non servono altri milioni spesi in repressione e sorveglianza bensì un investimento massiccio e ragionato che porti ad un piano nazionale di ristrutturazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici, perché siamo stufi di soffitti che crollano ogni giorno, mettendo a rischio l’incolumità degli studenti e dei docenti. In Italia di 5.725 edifici scolastici il 46,8% necessita di interventi urgenti di manutenzione, il 40% degli istituti si trova in un’area a rischio sismico, solo il 42,2% degli edifici risulta essere dotato di certificato di prevenzione incendi, il 60,4% di agibilità e il 53,7% di collaudo statico.