La mappa della sinistra, dove cresce in Europa

Sinistra

tratto da AGI – La recente netta vittoria dei socialisti del premier Antonio Costa alle legislative anticipate in Portogallo rappresenta una nuova conquista importante per i partiti di sinistra che guadagnano terreno a livello europeo, al potere in un numero crescente di Paesi come principale forza di governo, all’interno di coalizioni o in fase di consolidamento all’opposizione. Per molti analisti, il cambiamento del quadro politico determinato dalla pandemia di Covid-19 e la vittoria della Spd di Olaf Scholz in Germania lo scorso settembre stanno aprendo un nuovo scenario per la socialdemocrazia europea, dopo un decennio di ascesa dei populismi. Accanto alla svolta socialdemocratica tedesca, si moltiplicano i segnali di una ripresa delle forze progressiste e la speranza, per alcuni, è quella di una nuova ondata rosa-rossa che si profila all’orizzonte.

Questa la mappa dei Paesi europei in cui questa tendenza si sta già manifestando:

Portogallo

Tornato alle urne domenica 30 gennaio per elezioni legislative anticipate, il premier Antonio Costa ha rafforzato il suo potere: con 117 seggi nel parlamento su 230, il Partito socialista ha ottenuto la maggioranza assoluta, rispetto ai 108 dell’assemblea uscente eletta nel 2019. Seconda forza è il Partito Socialdemocratico (PSD) con 76 deputati. Lontano dietro il partito Chega, di estrema destra, diventa però la terza forza parlamentare, con 12 deputati invece di uno solo nella precedente legislatura. Lo stesso è successo con Iniziativa liberale passata da un solo deputato a 8. Le altre forze di sinistra sono i comunisti del PCP e il Bloco de Esquerda (BE), ma entrambe perdono terreno.

Germania

Dopo 16 anni di ‘regno’ della cancelliera Cdu-Csu Angela Merkel, le elezioni dello scorso 26 settembre hanno segnato il ritorno al potere del Partito socialdemocratico tedesco (Spd) di Olaf Scholz, che ha ottenuto il 25,7% dei seggi al Bundestag. Dopo lunghe trattative la Spd ha formato una coalizione con i Verdi (14,8%), al terzo posto, e con i Liberali (11,5%), aprendo la strada al nuovo esecutivo presieduto da Scholz, eletto cancelliere dal parlamento. “Il nostro successo ispirerà altri partiti socialdemocratici in Europa e forse oltre”, ha detto Scholz al settimanale Der Spiegel, sul ponte di comando della prima potenza del continente.

Norvegia

Le elezioni politiche dello scorso settembre sono state vinte dall’opposizione di centro-sinistra, consegnando la direzione del governo a Jonas Gahr Stoere, leader del Partito laburista (Ap), che ha sconfitto i conservatori della premier uscente, Erna Solberg, rimasti al potere per 8 anni. Dalla coalizione a guida laburista – che ha ottenuto 48 seggi allo Storting, il parlamento norvegese – fa parte il Partito di Centro (Sp). Dell’esecutivo in carica a Oslo, 10 dei 19 incarichi ministeriali sono ricoperti da donne.

Spagna

Quarta economia dell’Ue, è un importante bastione socialista con il governo Pedro Sánchez bis, a capo di una coalizione formata dal Partido Socialista Obrero Español (PSOE) e Unidas Podemos (UP), in carica da gennaio 2020, dopo un primo ‘round’ cominciato nel giugno 2018. L’attuale maggioranza composita ed eterogenea regge anche grazie all’appoggio parlamentare delle forze regionaliste e nazionaliste. Sánchez governa in minoranza in un Congreso quanto mai frammentato e in questi due anni il suo esecutivo è stato fortemente messo sotto pressione dalla pandemia e dall’opposizione dal sapore trumpista del Partito Popular (PP) e di Vox. Ciononostante il governo, arrivato a metà mandato, è riuscito a realizzare buona parte dell’agenda progressista annunciata due anni fa e, a meno di imprevisti, arriverà fino a fine legislatura. La nuova legge di bilancio approvata a dicembre scorso prevede un livello record di spesa – in cui sono inclusi anche 27 miliardi dei 72 a fondo perduto assegnati alla Spagna dal Next Generation EU – e importanti misure sociali, alle quali si aggiunge un’attività legislativa notevole dell’esecutivo Sánchez. Fra la trentina di leggi approvate negli ultimi due anni spiccano quelle su pensioni, reddito minimo vitale, diritto all’eutanasia, ampliamento delle misure contro le violenze di genere, mutamento climatico e transizione energetica, memoria democratica, uguaglianza delle persone trans e i diritti LGTBI e tutela dei rider.

Danimarca

Il primo Paese europeo ad abolire l’obbligo di mascherine, green pass ed altre misure restrittive contro il Covid, è governata dalla premier Mette Frederiksen, leader dei Socialdemocratici, vincitori delle elezioni legislative di giugno 2019 col 25,9% dei voti. I suoi alleati danno un appoggio solo esterno, come accade spesso in Danimarca. Della coalizione fa parte la Sinistra Radicale – a dispetto del nome un partito liberale – e da due piccoli partiti di sinistra, il Partito Popolare Socialista e la Lista dell’Unità. In totale la maggioranza controlla 91 seggi sui 179 della camera unica del Parlamento danese.

Svezia

Dal 2014 è governata dai socialdemocratici, fino allo scorso dicembre dal premier Stefan Lofven – sindacalista, ex metalmeccanico – e ora dalla prima premier donna, Magdalena Andersson, 54enne già ministro delle Finanze. Eletta premier lo scorso novembre con solo 101 consensi parlamentari, Andersson – sopranominata ‘bulldozer’ – non appare in posizione di forza in quanto a capo di un governo socialdemocratico di minoranza a partito unico. Si era dovuta dimettere a meno di 12 ore dal suo insediamento poiché la coalizione che sosteneva il suo esecutivo è stata affondata dal partito di minoranza dei Verdi, a causa della legge di bilancio che è stata respinta dal parlamento sul nodo della riforma pensionistica. Per giunta la premier svedese deve fare i conti con l’ascesa dell’estrema destra, il partito anti immigrazione dei Democratici svedesi, alleati con il Partito conservatore guidato da Ulf Kristersson, seri rivali alle elezioni generali di settembre 2022. I sondaggi non premiano i socialdemocratici: da 10 anni in Svezia cresce un diffuso senso di disagio nei confronti di consistenti flussi migratori.

Finlandia

Da dicembre 2019 è governata da una coalizione di centrosinistra formata da cinque partiti, tutti guidati da donne trentenni. La premier in carica è la socialdemocratica Sanna Marin, 36 anni, tra i capi di governo più giovani al mondo, ma negli ultimi mesi la sua popolarità è in calo, in particolare per un suo comportamento considerato imprudente in piena pandemia. Per giunta alle elezioni amministrative dello scorso giugno, il partito della Marin ha subito un netto arretramento, al 17,7%, in calo di due punti rispetto alle ultime votazioni. In forte ascesa, invece, i conservatori del partito della Coalizione Nazionale (Kokoomus), che hanno ottenuto il 21,4% dei voti. Il Partito dei Finlandesi, formazione nazionalista, ha guadagnato cinque punti attestandosi al 14,5%, ma non ha registrato l’exploit previsto dai sondaggi, che lo davano al 18%.

Malta

Da gennaio 2020 il capo del governo è Robert Abela, eletto leader del Partito laburista, di cui è un’attivista di lunga data. Avvocato d’affari, 44 anni, Robert Abela è il figlio dell’ex presidente George Abela, ed è entrato in parlamento per la prima volta alle elezioni legislative del 2017. Abela ha un mandato di solo due anni e mezzo, fino a settembre 2022, quando si terranno nuove elezioni. E’ entrato in carica dopo la caduta del suo predecessore, il controverso premier Joseph Muscat, costretto a lasciare l’incarico in anticipo perché accusato di interferenze nelle indagini sull’omicidio della giornalista investigativa Daphne Caruana Galizia, avvenuto nel 2017.   Inoltre partiti di sinistra, socialdemocratici o verdi fanno parte di governi di coalizione in Austria, Belgio, Bulgaria, Italia, Lussemburgo, Svizzera e Romania. Tra le situazioni più degne di nota c’è l’ingresso dei Verdi nella coalizione di governo in Austria, dominata dai conservatori del Partito popolare (Oevp), capitanata dal nuovo cancelliere Alexander Schallenberg, in carica dallo scorso ottobre. Nel 2020 la Croazia ha eletto presidente Zoran Milanovic, socialdemocratico, già premier dal 2011 al 2016, mentre il governo in carica del premier Andrej Plenkovic è di centro-destra.
    Tuttavia in altri Paesi – quali Polonia e Ungheria – le forze di sinistra sono state pressoché cancellate dalla mappa politica. Nei mesi scorsi le urne hanno portato cattive notizia in Bulgaria, Repubblica Ceca e Paesi Bassi.

 In Francia, dopo la presidenza del socialista François Hollande (2012-2017), la sinistra non è mai stata così debole né divisa. In lizza alle presidenziali di aprile, la candidata del Partito socialista, la sindaca di Parigi Anne Hidalgo, non ottiene più del 3-4% delle intenzioni di voto. I sondaggi lasciano presagire una ‘debacle’ per i candidati di sinistra, che messi insieme rischiano di raggiungere a malapena la soglia del 25% dei consensi. Il più popolare è il leader di Les Insoumis (sinistra radicale) Jean-Luc Mélenchon, dato tra il 9 e l’11%, seguito dall’ambientalista Yannick Jadot al 5,5-7%, la socialista Christiane Taubira al 3,5% e il comunista Fabien Roussel il 2%.

Inoltre in Gran Bretagna alle elezioni di dicembre 2019 il Labour Party ha subito la più cocente sconfitta dal 1935, ottenendo il 32% dei voti e 202 seggi, perdendone 60 rispetto alle precedenti elezioni del giugno 2017. Un risultato che ha rappresentato la quarta sconfitta consecutiva alle elezioni nazionali, dopo quelle del 2017, 2015 e 2010.

L’Europarlamento uscito dalle elezioni europee di maggio 2019 vede come secondo gruppo più forte quello dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo (S&D), con 154 seggi su 751. A questi, tra le forze progressiste si aggiungono i 74 seggi ottenuti dai Verdi/Alleanza libera europea e i 41 del Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica (GUE/NGL).