di Maurizio Acerbo – “Guardiamoci, se ne abbiamo il coraggio, e vediamo quel che avviene di noi”. John Pilger ha aperto uno dei suoi articoli in difesa di Assange citando la celebre prefazione di Jean Paul Sartre a “I dannati della terra” di Franz Fanon, un testo fondamentale dell’anticolonialismo degli anni sessanta. E’ bene leggere qualche frammento di quel j’accuse: “Occorre affrontare questo spettacolo inaspettato: lo “streap-tease” del nostro umanesimo. Eccolo qui tutto nudo, non bello non era che un’ideologia bugiarda, la squisita giustificazione del saccheggio; le sue tenerezze e il suo preziosismo garantivano le nostre aggressioni. Voi sapete bene che siamo degli sfruttatori.
Sapete bene che abbiam preso l’oro e i metalli, poi il petrolio dei «continenti nuovi» e li abbiamo riportati nelle nostre vecchie metropoli. E quel mostro supereuropeo, l’America del Nord? Che cicaleccio: libertà, uguaglianza, fratellanza, amore, onore, patria? Questo non c’impediva di tenere nello stesso tempo discorsi razzisti. Spiriti buoni, liberali e delicati – neocolonialisti, insomma – si pretendevano urtati da questa incongruenza; errore o malafede: niente di più congruo, da noi, che un umanesimo razzista, poiché l'europeo non ha potuto farsi uomo se non fabbricando degli schiavi e dei mostri”. Se riattualizziamo l’invito di Sartre, il calvario del fondatore di Wikileaks disvela “la menzogna e doppiezza istituzionale” che continua a caratterizzare l’Occidente se nonostante lo sbandierato rispetto di principi democratici e umanitari. Occidentali sono stati anche il colonialismo, il razzismo, la schiavitù, le guerre più terribili della storia, l’imperialismo, i fascismi.
Questo lato oscuro, rimosso dopo il 1989, è riemerso immediatamente con le guerre in Medio oriente nel mentre il neoliberismo ha eroso le democrazie. Agli orrori rivelati da Assange si aggiungono quelli di cui è vittima in quello che ultimamente è tornato a definirsi – come durante la guerra fredda – “mondo libero”. Nel cuore del paese che si vanta per la sua tradizione di stato di diritto e democrazia liberale, un giornalista di fama internazionale subisce un trattamento da regime turco o egiziano. La crisi della globalizzazione neoliberista e la protervia di chi vorrebbe mantenere un predominio unipolare alimentano il riarmo crescente e un’informazione mainstream che diventa propaganda di guerra. La punizione di Assange ha un carattere intimidatorio. Pilger giustamente ha paragonato il suo sequestro giudiziario ai processi stalinisti degli anni ’30. In quell’occasione le coscienze furono lacerate e divennero evidenti le contraddizioni di un regime che si diceva socialista. Oggi ci sono i Riotta che fanno propria l’accusa di spionaggio legittimando il ricorso da parte degli Usa a una legge del 1917. Il caso Assange ci dice anche cosa è diventato il nostro paese. Un tempo tutte le forze politiche democratiche, gli intellettuali più celebri e l’informazione avrebbero assunto una posizione di indignata solidarietà. Ricordate Panagulis, Angela Davis o Mandela? Oggi il PD vota in parlamento con la destra contro una mozione per Assange, con l’astensione di LeU e M5S. La subalternità della politica italiana agli USA e alla NATO è diventata totale. Ce l’ha raccontata proprio Assange – nel libro di Stefania Maurizi ‘Wikileaks Segreti italiani’ – con i cablo statunitensi su Berlusconi che si mette completamente a disposizione o sul PD. Si legga un cablo del 2008 dell’ambasciatore Spogli: “negli interessi degli Stati Uniti avere un Partito Democratico forte, che isoli gli elementi più populisti e accaniti dell’estrema sinistra, che hanno ripetutamente causato tanti guai nei governi di centrosinistra”. In Gran Bretagna il criminale di guerra Blair viene insignito dalla regina mentre un pacifista antimperialista come Corbyn è stato oggetto di un massacro politico-mediatico. Il caso Assange ci disvela quanto è pesante l’ipoteca dei signori della guerra sulle nostre ormai post democrazie. La mobilitazione per Assange è una lotta per pace e la democrazia.
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