Luigi Ciotti sulla vicenda di Ilaria Salis

Editoriali

“Ci sono situazioni in cui tacere è una colpa, mentre parlare è un obbligo morale e una responsabilità civile. Penso a Ilaria Salis, che tutti abbiamo visto umiliata e incatenata in tribunale, in occasione del processo che la vede coinvolta in Ungheria.
La giustizia, in qualsiasi Paese, prevede che si debbano pagare eventuali reati, e proprio a questo dovrebbe servire un processo: appurare se il reato sussiste, e di quale entità. Ma la pena consiste in una temporanea privazione della libertà personale, non della dignità umana che è un bene inalienabile.
Vediamo Ilaria doppiamente ferita: nell’attesa lunghissima di un processo per fare chiarezza sui fatti di cui la si accusa, e nelle condizioni vergognose della detenzione che subisce.
Calpestare intenzionalmente la dignità delle persone non significa fare giustizia, ma cercare vendetta. È possibile che nella “civile” Europa si tollerino atteggiamenti simili, da parte delle istituzioni di un Paese che si dice democratico?

Oggi molti sono portati a pensare che uno stato “forte” sia uno stato giusto, dove però quella forza non è intesa in termini di autorevolezza degli organi di governo, e tenuta delle istituzioni democratiche, ma come prepotenza nei confronti dei cittadini inermi. Dobbiamo uscire da questo equivoco, se vogliamo garantire i diritti di Ilaria Salis e non solo.
La sua situazione, che sentiamo vicina perché riguarda una cittadina italiana in terra straniera, ci obbliga ad aprire gli occhi anche sulle ingiustizie che colpiscono altri: i detenuti sottoposti a trattamenti simili, in Ungheria come altrove, o le persone di origine straniera che in Europa sono spesso alla mercé di leggi punitive e di una burocrazia ostile.

Chiediamo che ci sia un sussulto da parte della politica e di tutti gli organi competenti, affinché si arrivi al più presto a ripristinare condizioni di detenzioni accettabili per Ilaria, e la giustizia faccia velocemente il suo corso. È fondamentale che non debba scontare neppure un giorno in eccesso di una pena che ancora neppure sappiamo se abbia fondamento”. Luigi Ciotti, presidente Libera e Gruppo Abele