Ferdinandi lascia Numero Zero

Società

di Vittoria Ferdinandi – Queste ultime due sere a Numero zero son state sere di occhi gonfi, di lacrime versate tra un cliente e l’altro, di mani e di abbracci che ci hanno tenuti insieme.

A fine serata tra le luci spente e i portoni che si chiudevano è arrivato uno dei numeri zero, uno di quelli che non piange mai e che in 4 anni ha sempre tenuto alto il morale di ognuno di noi, anche nelle sere più buie. Stava portando fuori i sacchi dell’immondizia, li ha lasciati, ha scansato la gente che era lì con me e mi ha sollevata in un abbraccio. Si è fatto strada, mi ha tenuta in alto, stretta come in una marcia trionfale fino a metà di corso Cavour. Io avevo il viso solcato dalle lacrime, lui era saldo. Ad un certo punto mi ha lasciata e mi ha detto: noi siamo con te. Quell’abbraccio è stato come un’investitura ufficiale, la più importante per me. E’ come se mi avesse detto : succede sempre quello che sappiamo portare, sei pronta.

Andarsene da Numero Zero è una delle scelte più dolorose della mia vita, perché loro sono stati e resteranno per sempre la casa più bella che io abbia mai abitato. Una scelta convita che ho preso in pieno accordo, e anzi, anche grazie al sostegno degli altri membri del Direttivo dell’Associazione Realmente. Abbiamo scelto insieme di tener fede ai presupposti con cui l’abbiamo costruito come il simbolo di una battaglia che non ha colore, un luogo che lavora ogni giorno per cucire le ferite di una società ancora ferocemente escludente e che merita di restare fuori dalle strumentalizzazioni di una campagna elettorale. Un modello di impresa sociale, non una forma di volontariato, che rimette al centro la persona, Numero Zero è di tutti e resta di tutti.

Il coraggio che mi è servito a compiere questa scelta ha sopra marchiato il nome di un solo maestro, e quel maestro si chiama Numero Zero. E allora sì che c’è da tremare.

Ora, mentre scrivo, ho di fronte a me un cartello con scritto: la tua vittoria è la nostra vittoria.

Questo io non lo dimenticherò mai e so che la nostra storia saprà guidarmi.

P.S.: non avrei mai rinunciato a tutto quello che ho costruito se avessi pensato che la mia città non avesse bisogno di uno sguardo diverso, se avessi pensato che Perugia stesse bene. Legittimo per un sindaco difendere il suo operato, altrettanto legittimo avere una visone delle propria città in contrasto con le narrazioni rassicuranti di chi l’ha amministrata.

Il dissenso non è propaganda.