La candidatura di Vittoria Ferdinandi mi ha ridato speranza

Editoriali

di Katia Bellillo – L’8 e il 9 Giugno siamo chiamati alle urne per eleggere il/la nuovo/a Sindaco/a di Perugia: personalmente sento di essere meno angosciata rispetto alle precedenti consultazioni.
Cinque anni fa le organizzazioni di sinistra, Possibile, SI, una parte di ambientalisti, i comunisti di Rifondazione e del PCI abbandonarono il tavolo e decisero di ritrovarsi nel progetto di “Perugia città in comune”. La protervia del PD di allora sembrò intollerabile anche ad altre sensibilità progressiste come il M5S, o di ispirazione liberale. Insomma l’area vasta che avrebbe potuto ritrovarsi unita per il governo della città non arrivò nemmeno al ballottaggio, la lista Perugia città in comune non superò, sebbene per poco, lo sbarramento, idem le altre liste, solo il M5S riuscì a collocare una sua rappresentanza.
Nella consultazione precedente, Boccali, pugnalato alla schiena al ballottaggio, aveva consegnato le chiavi della città storicamente antifascista, democratica e di sinistra ad un perfetto nessuno, che senza lode e senza infamia aveva ricoperto l’incarico di consigliere comunale di FI e si ritrovò, senza rendersene conto, Sindaco di Perugia. Come mai? Semplice una fronda di amici e compagni avevano deciso che bisognava votare il candidato forzitaliota “perché Andrea è tanto un bravo ragazzo”.
Il bravo ragazzo per 10 anni non ha fatto granché, in compenso l’anima della città si è spenta. Vivere a Perugia è diventato sempre più faticoso per chi abita dentro le mura e per chi vive borghi e quartieri senza un minimo comune denominatore da collante. Gli unici sprazzi di governo del territorio in questo decennio ci sono stati grazie alle associazioni, che con gli abitanti dei diversi quartieri sono intervenute con iniziative di recupero ambientale, per il decoro urbano, per sostenere attività di giovani artigiani ed esperienze commerciali, con interventi per l’inclusione e l’inserimento dei più fragili.
Ammetto che prima di febbraio temevo che anche in questa tornata elettorale avremmo lasciato la città ad un centro destra sempre più spostato a destra, senza nemmeno provare a combattere. Con amici e compagni ci chiedevamo disperati a che santo votarci, poi la notizia che i partiti di centro-sinistra uniti, dai socialisti ai comunisti di rifondazione, a Sinistra Italiana, i Verdi e i progressisti, il M5S e il PD avevano trovato il punto di congiunzione nella persona di Vittoria Ferdinandi ci ha fatto tirare un sospiro di sollievo. Ho percepito che l’aria stava cambiando.
Certo non penso che con Ferdinandi sindaca di Perugia finirà l’egemonia liberista e atlantista, non credo che come per magia l’Italia deciderà di uscire dalla Nato, anche se in tanti siamo impegnati perché ciò accada, non credo che tutte le forze politiche che hanno aderito al progetto “Anima Perugia” di Vittoria siano contro la guerra in Ucraina o lottino coese contro lo sterminio del popolo palestinese da parte dei sionisti. Non penso che il PD diventerà se non socialista almeno socialdemocratico, è nato per essere altro. Il mio innato ottimismo della volontà mi fa pensare però che potrebbe declinarsi in meglio. Resto comunque dell’opinione, qualora sia possibile, che sia meglio allearsi con loro che votare per un candidato di centro-destra o peggio ancora non esercitare il diritto di voto.
Sono abituata a leggere la realtà e le dinamiche che esistono e insistono in essa, insieme ai rapporti di forza fra classi e gruppi sociali, in primis con i meccanismi di una legge elettorale patrigna. So la differenza fra teoria e prassi, fra ideali e politica. Quando si è accerchiati dal nemico, per non soccombere del tutto è necessario capire dove appigliarsi per poter iniziare la controffensiva e non fare il gioco del nemico. Per una comunista come me, l’amministrazione comunale con le mura trasparenti, dalla parte di chi abita il suo territorio, rappresenta il baluardo da difendere perché strumento primario di realizzazione e difesa del dettato costituzionale e dei tanti elementi di socialismo che i comunisti hanno inserito in essa. Da dove dovrebbe iniziare la controffensiva se non difendendo il ruolo dei comuni attaccati dall’ondata nera che da decenni pretende di cancellare la Costituzione del ’46?

Lo sappiamo che il privato e la sua cultura hanno imposto scelte sostenute in passato anche dal PD, la resa alle sue imposizioni le abbiamo subite anche prima dell’avvento dell’era Romizi. I tagli al Fondo nazionale dei trasporti, a quello della sanità e alle risorse per i servizi sociali davano, danno e daranno pochi margini agli amministratori di sinistra per sviluppare politiche a difesa dei diritti di tutti. Diciamo che l’orientamento sempre più liberal-atlantista del PD certo non ha aiutato.
Sottovalutare ciò che sta accadendo a livello nazionale e a Perugia sarebbe però un errore imperdonabile. Minimizzare, ridicolizzare, sottovalutare cosa rappresenta per Perugia e chi l’abita il risultato politico raggiunto con l’unità del centro-sinistra lo reputo abbastanza inutile se non controproducente. La linea seguita dalla destra è che la sinistra non sia diversa da loro, che ormai si usi l’antifascismo strumentalmente e che le manganellate agli studenti la polizia le ha sempre date. Mi preoccupo quando chi milita in un partito comunista erede del nome del PCI usa le stesse categorie, aggiungendo giudizi che a volte più che politici sembrano livorosi, ispirati da pregiudizi e vecchi rancori che annebbiano la lucidità delle analisi e la loro obiettività. Decidere di presentarsi in una tornata elettorale è legittimo, ogni sensibilità culturale dovrebbe potersi misurare e confrontare con i cittadini, purtroppo leggi elettorali contrarie all’idea democratica di una testa un voto hanno ristretto i margini plurali delle rappresentanze nelle istituzioni. Quello che un comunista non può fare è non cogliere i segnali che cercano di bucare il buio più profondo in cui da tanto, troppo tempo stiamo sprofondando.
Sono andata il 3 marzo per capire se quel segnale c’era veramente e mi sono ritrovata in un mare di persone che come me lo avevano colto e stavano lì per la conferma. Qualcuno lo ha etichettato “happening all’americana”: non ne capisco il senso! La candidata che, come prevede la legge, sarà eletta direttamente alla carica di sindaco, ha invitato i cittadini e le cittadine per presentarsi a loro e presentare il progetto di città sottoscritto da tutte le sensibilità e le organizzazioni politiche che si riconoscono in lei. L’”accadimento” lo ha organizzato in modo impeccabile, prevedendo anche l’area bambini e adolescenti venuti insieme a genitori e parenti. Ottimi gli interventi dei quattro che ha invitato per sottolineare alcuni aspetti del programma. Forse con troppa modestia ha scelto un contenitore troppo piccolo per accogliere i tanti e tante che hanno accolto il suo invito, ma, lo dico col senno di poi, ammetto che già il centro congressi Capitini quando ho letto la locandina mi sembrava una scelta fin troppo ottimista.
Sarà poco, eppure già un risultato positivo quel giorno lo ha raggiunto: sinistra, progressisti, socialisti, comunisti, liberali, tutti coloro che si sentono legati dal cemento antifascista, e che negli ultimi decenni si sono dilaniati e guardati in cagnesco fra loro, erano lì intorno a Ferdinandi, che guida un progetto coraggioso, che ci racconta chi è Vittoria.
Quando ha preso la parola ci ha raccontato la città per la quale si sarebbe spesa. Via via che lo faceva, con grande capacità oratoria e di coinvolgimento, ritrovavo i punti salienti del progetto di “Perugia città in comune”, che ebbi l’onere di rappresentare 5 anni fa. Vittoria è empatica, una qualità che purtroppo chi si spaccia per politico non ha. Ha parlato di politica in modo chiaro, sicuro, comprensibile, senza politichese, per quasi un’ora, ed ha sollecitato cervello e cuore di ognuno e di tutti: a tratti ho avuto la sensazione di essere parte di un unico. Mi sono sentita orgogliosa di questa donna che potrebbe essere mia figlia e che ammiro come ammiro le mie figlie. Mi ha regalato la speranza, e non è poco.
Con il suo intervento ha condiviso un sogno che i presenti hanno riconosciuto essere il loro: ebbene considero anche questo un altro grande obbiettivo, senza sogni non si produce nessun cambiamento! Senza sottovalutare difficoltà e pericoli, tranelli e impedimenti, ho sentito che potrebbe diventare concreta esperienza collettiva per tutti.
Il ruolo del politico è far diventare il proprio progetto di tutti e dare voce a desideri ed emozioni. Del resto i grandi e i piccoli cambiamenti sono stati possibili grazie a chi ha saputo trasmettere forza alle idee, anche a costo di grandi sacrifici individuali e collettivi.
Mentre raccontava il suo progetto, sentivo che poteva essere condiviso e diventare il progetto di tutti. Mi sono commossa, erano anni che non mi accadeva ascoltando un intervento politico. Parlava e la politica si appropriava della sua anima!
So che il compito è arduo, sicuramente ne è consapevole anche lei. La sua esperienza finora l’ha portata ad abbattere barriere, certo non sarà facile eliminare le incrostazioni dell’apatia e rompere la spirale dei poteri e delle lobby, ancora più difficile incrociare obbiettivi e risorse. Ma niente è impossibile!
C’è bisogno di impegno, con la pazienza di chi è consapevole della mole di lavoro da fare dentro e fuori i diversi perimetri culturali e politici che compongono la coalizione. Checché ne dicano i detrattori, il programma c’è, pure gli obiettivi a breve medio e lungo raggio. Vittoria Ferdinandi ha indicato la ricetta fatta di pochi ma essenziali ingredienti: persone – terra – futuro, e ha aggiunto le istruzioni per realizzarla: ascolto – inclusione – partecipazione.
Questa volta finalmente, dopo qualche decennio, gli antifascisti democratici di Perugia, certo con tutte le loro contraddizioni, si ritrovano insieme, ma, almeno qui, senza guardarsi in cagnesco o darsene di santa ragione usando i propri simboli e i tanti “profeti” per farsi del male.
Rispettiamoci e facciamoci rispettare, la proposta di città c’è, va raccontata dicendo la verità, senza nascondere la difficoltà di imporre un nuovo modello nonostante il liberismo che taglia fondi per i beni pubblici o privatizza senza pensare alla carne delle persone. Dunque, si deve anche raccontare il bilancio, le sue cifre e come funziona! Per fare ciò che vogliamo non serve il consenso acefalo, ma l’adesione consapevole e convinta, appassionata di tutti.
C’è chi fa i pronostici, io non sono un’indovina, posso solo dire che ci sono le condizioni per rianimare Perugia e, sì, per conquistare il potere, che non è una brutta cosa, se s’intende il potere di dare opportunità di cittadinanza a tutti e tutte.