Carlo Marx e la Champions League

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Oscar Monaco – Come sempre, chi detiene le leve del potere economico non ha bisogno di infiocchettare narrazioni edulcorate per giustificare le proprie scelte: il fine coincide col mezzo e il mezzo è il capitale.
Il Sole24Ore dà forse la più lucida lettura che si possa trovare sulla vicenda della Super League, fornendo involontarimente tre elementi chiave di lettura marxiana, in ordine: la caduta tendenziale del saggio di profitto, la concentrazione di capitale, e l’estrazione di valore automizzata, meglio nota alla voce “innovazione tecnologica”.

I profitti derivati dalla trasmissione televisiva della vecchia Champions stavano già segnando il passo rispetto alle meno popolari, a livello di pubblico globale (si parla di 300 milioni di telespettatori della Nfl americana, rispetto ai potenziali 3 miliardi del calcio europeo), leghe statunitensi e la pandemia ha inferto il colpo di grazia. Qui l’effetto acceleratore del Covid si vede in maniera cristallina, giacché se era in calendario per l’aprile del 2024 il lancio della Super Champions, i grandi club europei, sostenuti dalla finanza internazionale (JP Morgan mette sul piatto 3,5 miliardi di euro per finanziare il progetto) hanno deciso di anticipare una classica operazione di concentrazione del capitale, in vista degli utili destinati ad aumentare clamorosamente, sempre sulla spinta pandemica, nella nuova frontiera della tecnologia, ossia quell’economia digitale e delle piattaforme, che è lievitata in maniera straordinaria nell’ultimo anno. Sì, perché mentre pezzi di economia “tradizionale” sono rimasti letteralmente al palo, il business delle platform economy si è imposto come locomotiva globale e infatti la nuova Super League vedrà nel calcio solo una delle potenziali fonti di profitto, integrandosi col mondo dei social e dei videogames, con un occhio di riguardo per la generazione Z.

Tutto bene? Forse no e in qualche modo i promotori dell’operazione lo sanno, se anche solo simbolicamente destinano una parte dell’investimento, oltre 3 miliardi di euro, come contributo una tantum come piano di investimento a compensazione dell’impatto della pandemia. E qui casca l’asino: il covid-19 è il primo mostro uscito dal vaso di Pandora aperto dal cambiamento climatico globale e anche se non sappiamo esattamente quando, sappiamo che altri eventi simili sono ad alto rischio. Se il mondo dello sport, incluso il calcio professionistico, è stato messo in ginocchio, come larga parte dell’economia, da un microorganismo, quale sarà l’impatto su un gigante dai piedi d’argilla come quello che si sta andando a costruire in nome della ricerca del profitto?